Come dobbiamo vestirci al lavoro

NEWS - Lunedì 31 Luglio 2023

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“Chissà quante foglie di fico ha provato Eva prima di dire ‘prendo questa’.” (Anonimo)

Tutte le mattine ci alziamo e, una volta tolto il pigiama, apriamo l’armadio e sfogliamo in rassegna tutto il guardaroba pensando a cosa indosseremo per il resto della giornata.

Nel mondo del lavoro, la domanda “come dobbiamo vestirci” non dipende solo da come abbiamo dormito e ci siamo svegliati, ha invero molti risvolti da non trascurare.

Esistono innanzitutto indumenti obbligatori, ad esempio per motivi di igiene come può essere la divisa da indossare in cucina o in un ospedale, o per motivi tecnici come i lavoratori in officina che indossano tute specifiche prescritte in quanto DPI, e/o per ragioni di sicurezza se si pensa ad esempio ai vigili del fuoco.

Si pensi però anche all’abbigliamento imposto per canoni estetici di brand, come potrebbe essere la divisa per le hostess, per i camerieri di un ristorante, o per gli addetti alla reception di un albergo.

Il lavoratore ovviamente non può rifiutarsi, l’abbigliamento, considerato come una divisa specifica, rientra in un obbligo di diligenza tecnica che può avere la sua origine dalla normativa (dispositivi di protezione individuale), o dal contratto collettivo, fino all’imposizione per contratto aziendale.

In tal caso, l’abbigliamento imposto per la specifica mansione è sempre a carico dell’azienda, che dovrà prevederne il ricambio e anche la pulizia, la manutenzione e la sostituzione (danneggiamento/usura).

Dobbiamo però anche valutare l’abbigliamento da indossare anche quando non imposto espressamente dal datore, si pensi a tutti quei lavori con diretto e continuo contatto con il pubblico di un bar o di un negozio, o un dipendente commerciale.

In questo caso non si tratta di una divisa di lavoro, ma di una generale decenza nella cura dell’aspetto fisico, della propria immagine e della cura della persona.

Può essere imposto ad un dipendente di presentarsi al lavoro “curato”, cioè pulito, non trasandato, profumato e con un abbigliamento consono al luogo e mai fuori dai canoni estetici del decoro, stravaganza o volgarità?

SI, si può pretendere la cura della persona, si tratta in questo caso di un obbligo di diligenza generica che richiede il rispetto delle normali regole di convivenza civile, traslato in ambito lavorativo.

Quello che invece è assolutamente vietato per un datore di lavoro è imporre, fuori dalle regole sopra esposte, degli obblighi estetici irragionevoli e privi di alcuna base logica.

Vietare il velo in testa nei confronti di una impiegata, imporre la minigonna alle lavoratrici o la cravatta agli impiegati, vietare i tatuaggi o i piercing, solo perché al datore di lavoro va così, è un atteggiamento discriminatorio non ammissibile.

Quindi, igiene personale, un buon odore e dei vestiti decorosi, renderanno la giornata al lavoro più piacevole per tutti.

L’argomento è stato qui trattato volutamente in modo sintetico e semplificato ad uso esclusivo dei clienti dello studio, di conseguenza, non costituisce un parere giuridico né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza specifica.


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