Il contratto a termine, tanto demonizzato da sindacati e parti politiche, ha un suo perché se lo si guarda in ottica di azione difensiva dell’azienda nei confronti della precarietà del mercato.
Con il perdurare della crisi globale, non potendo fare reali analisi di medio/lungo periodo, le assunzioni con una scadenza certa permettono di non trovarsi in forza lavoratori in eccesso in periodi non previsti di mancanza di lavoro.
Non solo il contratto a termine è di fatto un periodo di prova più lungo, infatti spesso la durata del periodo di prova prevista dai vari CCNL non è sufficiente per capire se il lavoratore è idoneo alla mansione.
Detto questo, sicuramente di contro con il contratto a termine si tiene il lavoratore in un limbo, in una precarietà che non gli permette di fare programmi per il suo futuro.
La verità sta sempre nel mezzo, ma di una cosa si è certi, che modificare continuamente la disciplina del contratto a termine non giova al mercato del lavoro.
Eppure in questi giorni, una delle prime azioni del nuovo governo è introdurre modifiche proprio ai contratti a tempo determinato, agendo con un “decreto d’urgenza” la cui urgenza però non si comprende.
L’art.1 del Decreto Dignità, si applica ai nuovi contratti di lavoro a tempo determinato ed ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti in corso.
Cosa cambia?
Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi (anziché gli attuali 36 mesi) senza alcuna motivazione.
Il contratto a termine può arrivare fino ad una durata di 24 mesi, ma in questo caso si dovrà avere una delle seguenti situazioni:
- Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria, e per esigenze sostitutive di altri dipendenti;
- Oppure per esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Inoltre, fatto salvo quanto previsto dai CCNL ed ed escluse le attività a carattere stagionale, la durata del contratto, per effetto di una successione di contratti, non può superare i 24 mesi (anziché gli attuali 36 mesi).
Se il limite dei 24 mesi viene superato, sia per effetto di un unico primo contratto sia per una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.
Da precisare anche che, ad eccezione di contratti non superiori a 12 giorni, l’apposizione del termine deve essere fatta sempre con atto scritto consegnato al dipendente entro 5 giorni lavorativi.
Le proroghe possibili del contratto, passano da cinque a quattro, nell’arco dei ventiquattro mesi, anche a prescindere dal numero dei contratti stipulati con lo stesso lavoratore
In caso di rinnovo l’atto scritto deve contenere l’indicazione delle motivazioni, in caso di proroga l’indicazione della causale è necessaria solo se il termine complessivo eccede i 12 mesi, pertanto il contratto può essere prorogato all’interno de primi 12 mesi, senza motivazione.
Se il numero delle proroghe effettuate supera le quattro, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga (precedentemente era dalla sesta proroga).
Infine si precede che l’impugnazione da parte del dipendente del contratto a tempo determinato, possa avvenire entro 180 giorni (prima erano 120) dalla cessazione dello stesso.
Attenzione però, il Decreto dignità sarà immediatamente applicabile dal momento che verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma durerà al massimo per 60 giorni. Se entro i 60 giorni non viene convertito dal parlamento, decadrà e si tornerà alle precedenti regole.
L’argomento è stato qui trattato volutamente in modo sintetico e semplificato ad uso esclusivo dei clienti dello studio.