Forse è una moda, forse aiuta a smettere di fumare, forse è solo un gesto fatto in modo istintivo, fatto sta che sempre più spesso le persone SVAPANO.
Per chi già non lo sapesse, lo SVAPO è un termine di uso corrente che è stato anche inserito nella Treccani, letteralmente significa fumare una sigaretta elettronica emettendo il caratteristico vapore simile al fumo.
La domanda che sorge spontanea, visto che affrontiamo l’argomento dal punto di vista del mondo del lavoro, è se si possa o meno fumare una sigaretta elettronica nei luoghi di lavoro.
Di per sé non esiste una incompatibilità con lo svolgimento della prestazione lavorativa, in altri termini il lavoratore potrebbe anche svapare liberamente.
Ma sappiamo tutti che quello che piace ad una persona, può disturbare tutte le altre, ecco quindi che in azienda si introduce il divieto di fumare la sigaretta elettronica durante lo svolgimento del lavoro, alla stregua delle sigarette normali.
Ma se il lavoratore lo fa lo stesso, contravvenendo così alle previsioni aziendali?
Una società ha pensato bene di procedere disciplinarmente nei confronti di un lavoratore sorpreso a fumare, licenziandolo per la “gravità” del fatto, in quanto il divieto era espressamente previsto nel regolamento aziendale affisso in bacheca.
Forse l’azienda è stata esagerata, forse il lavoratore era particolarmente antipatico o forse molti colleghi si erano lamentati, ma comunque il risultato è che si è giunti davanti ai giudici di cassazione per dirimere la questione.
Ed i giudici hanno sentenziato, il 27.giugno.2018, che il lavoratore NON doveva essere licenziato.
Il provvedimento del licenziamento è risultato eccessivo, per mancanza di proporzionalità tra il fatto contestato e le conseguenze disciplinari espulsive; l’azienda avrebbe ben potuto punire il dipendente ma senza arrivare al licenziamento.
Questo perché non vi è stata interruzione della prestazione lavorativa, la sigaretta non ha infatti rallentato o impedito al dipendente di svolgere il suo lavoro, quindi non vi è stato un danno effettivo per il datore.
Probabilmente se, durante l’orario di lavoro, il dipendente avesse smesso di lavorare per concedersi, magari reiteratamente, un po’ di tempo per svapare, allora forse, ma il dubbio rimane, forse la sentenza avrebbe potuto avere un esito diverso.
Il problema si sarebbe risolto senza disturbare i giudici, se azienda e lavoratore avessero applicato il principio del buon senso.
Un lavoratore dovrebbe capire che il suo diritto di svapare si interrompe quando lede il diritto delle persone intorno a lui che magari non apprezzano, e l’azienda dovrebbe punire certi comportamenti ovvio, ma senza farsi prendere la mano, magari parlando con il lavoratore si trova un giusto compromesso, fumare si ma solo durante la pausa.
Io svapo, tu svapi, egli svapa, al lavoro….. anche NO grazie.
L’argomento è stato qui trattato volutamente in modo sintetico e semplificato ad uso esclusivo dei clienti dello studio, di conseguenza, non costituisce un parere giuridico né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza specifica. Si rimane a disposizione per ogni eventuale ulteriore approfondimento.