“Se non credi in te stesso, perché gli altri dovrebbero farlo ?" (Allen Iverson)
L’Italia è fondata su principi meravigliosi, uno di questi è che la sanità pubblica sia gratuita o quasi, per tutti, in quanto deve garantire l’accesso alle prestazioni sanitarie a chiunque ripartendo il costo su tutta la popolazione.
È una vera conquista sociale che nel mondo non ha eguali, purtroppo però gli sprechi, le ruberie, le lungaggini burocratiche ed i carrozzoni, sempre più rendono la sanità pubblica non efficiente ne efficace ne tantomeno sufficientemente allineata con le necessità quotidiane.
Ecco il motivo per cui, a partire dal 1993, vengono costituiti i fondi di assistenza sanitaria integrativa che, affiancandosi ai servizi offerti dal nostro SSN (sistema sanitario nazionale), aumentano la possibilità di assistere ogni cittadino in quei servizi a pagamento, extra rispetto i livelli essenziali di assistenza sanitaria pubblica.
I CCNL prevedono, oramai quasi tutti, sistemi di gestione collettiva per la erogazione di prestazioni di carattere sanitario e assistenziale integrativi rispetto a quelli statali, ai propri iscritti, cioè ai lavoratori a cui si applica lo specifico CCNL su adesione aziendale.
Quindi i fondi di assistenza sanitaria integrativa sono enti mutualistici a gestione delle parti sindacali che hanno sottoscritto il CCNL applicato, ma possono essere previsti anche con accordi sindacali su base territoriale o anche aziendale.
Chi può aderire? Sono i fondi stessi a deciderlo, ad esempio spesso vengono esclusi dall’obbligo di iscrizione i lavoratori con contratti a termine oppure i rapporti di lavoro in prova, o nei primi X mesi, o anche alcune categorie, ad esempio i lavoratori intermittenti.
Ma chi paga questi fondi? Ovviamente aziende e lavoratori che aderiscono al CCNL, in base alle quote previste dai fondi stessi, talvolta tali quote sono totalmente a carico del datore di lavoro.
Ecco allora che sorge la domanda successiva, le aziende sono obbligate ad aderire?
In linea di principio la risposta è NO, le aziende possono anche prevedere di pagare a proprie spese, o tramite assicurazioni, gli stessi servizi che offrirebbe il fondo sanitario integrativo.
Inoltre, il CCNL deve prevedere una alternativa per le aziende, cioè la possibilità in sostituzione del versamento della quota, di restituire in paga la quota destinata al fondo, ristorando parzialmente il danno che subisce il lavoratore che in questo modo non può usufruire dei servizi del fondo.
Si precisa anche che gli importi versati dal datore di lavoro all’assistenza sanitaria integrativa, non partecipano alla determinazione dell’imponibile previdenziale e fiscale del lavoratore, a prescindere dall’importo, ma sono soggetti ad un contributo di solidarietà forfettario pari al 10%
Infine si ricorda che i servizi offerti dai fondi non sono automatici, è il lavoratore che deve interessarsi direttamente per verificare cosa, come e quando gli viene rimborsato un servizio sanitario usufruito o in quali strutture convenzionate rivolgersi.
L’argomento è stato qui trattato volutamente in modo sintetico e semplificato ad uso esclusivo dei clienti dello studio, di conseguenza, non costituisce un parere giuridico né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza specifica.