Sembra sempre impossibile finché non viene fatto. (Nelson Mandela)
Così come la settimana scorsa abbiamo fatto un breve excursus dell’Aspettativa non retribuita, così questa settimana vale la pena, come giusto contraltare, vedere velocemente i casi di aspettativa retribuita.
Quando ci troviamo di fronte ad una aspettativa retribuita? Quando il lavoratore si assenta per un breve periodo ma ha comunque diritto a percepire la retribuzione e a vedersi i contributi versati.
Detta così sembra un abominio, pagare una persona che non c’è, che non contro-cambia con il lavoro, sembra quasi una eresia; ma a ben vedere si tratta di una delle espressioni di uno Stato sociale, di una tutela costituzionale che va oltre e al di là del mero lavoro.
Alcune casi di aspettativa retribuita richiedono l’autorizzazione da parte del datore di lavoro che può legittimamente negarle per esigenze lavorative, altre tipologie di aspettativa invece sono un diritto imprescindibile del lavoratore e l’azienda può solo prenderne atto.
Quella più conosciuta è chiamata “Permesso” o anche “ROL”, si tratta di un monte ore previsto contrattualmente, che il dipendente può richiedere ed usufruire per necessità personali.
In caso di matrimonio, la legge garantisce al lavoratore la possibilità di richiedere un periodo di assenza fino ad un massimo di quindici giorni retribuiti, in alcuni specifici casi interviene anche l’Inps a coprirne il costo.
Altro tipico caso di aspettativa che da diritto alla retribuzione è quella prevista in caso di lutto, il lavoratore ha infatti diritto ad assentarsi per un massimo di tre giorni in caso di morte del coniuge, del convivente o di un parente entro il secondo grado.
Non possiamo tralasciare il caso di aspettativa per sé in caso di disabilità o per assistere familiari disabili; comunemente chiamati permessi Legge 104/92 sono assenze lavorative della durata di tre giorni al mese, richieste per la propria cura o per assistere persone portatrici di disabilità.
Quando vi sono le elezioni politiche, compresi i referendum e le elezioni europee, i lavoratori che si assentano per svolgere attività ai seggi, possono chiedere i permessi elettorali, per i quali hanno diritto a percepire la retribuzione piena come se fossero al lavoro.
Sono ricompresi nei permessi elettorali anche i dipendenti che si assentano come rappresentanti di lista, di gruppo, di partiti o come componenti dei comitati promotori in caso di referendum.
I lavoratori che risultano iscritti come volontari ad associazioni a loro volta iscritte nell’elenco nazionale del volontariato di protezione civile, hanno la possibilità di usufruire di permessi retribuiti per un limite di 180 giorni annui in caso di missioni di soccorso e assistenza per eventi cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, 90 giorni annui in caso di calamità e 30 giorni in caso di partecipazione ad attività di pianificazione, simulazione e formazione.
In questo elenco di permessi retribuiti dobbiamo inserire anche i permessi studio, strumento a disposizione dello studente lavoratore richiesti e concessi per sostenere un esame, o per seguire corsi scolastici specifici.
Considerazioni finali, constatato che nei casi elencati il lavoratore ha il diritto ad assentarsi, si sottolinea che ha anche l’obbligo di comprovare le motivazioni con idonea documentazione, per permettere al datore di svolgere le verifiche del caso ed avere certezza della veridicità della richiesta.
Nell’elenco volutamente non sono state inserite le assenze per malattia e maternità che, pur essendo assenze retribuite, hanno natura involontaria e non prevedibile.
L’argomento è stato qui trattato volutamente in modo sintetico e semplificato ad uso esclusivo dei clienti dello studio, di conseguenza, non costituisce un parere giuridico né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza specifica.