“Io non perdo mai, o vinco o imparo.” (Nelson Mandela)
Venerdì 25 è stata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, argomento serio che in un’epoca civilizzata ancora non è stato debellato dal nostro vocabolario.
Parole come bossing, straining, mobbing, stalking oramai sono entrate nella terminologia comune, ma nei luoghi di lavoro non sempre sono così evidenti, ci si arriva sommando tante azioni negative, che si accumulano e intossicano.
È un problema complesso, che richiede costanza quotidiana e continui sforzi da parte di tutti, in primis perché la percezione di una condotta cambia notevolmente tra chi la esegue e chi la subisce, ponendo coordinate interpretative difficili da identificare e combattere.
L’errore più grande? Pensare che queste cose succedano agli altri e non nella propria azienda.
Cercando di non cadere nei soliti discorsi retorici che portano a nulla, proviamo a ragionare su quali possano essere gli interventi che ogni azienda, piccola o grande che sia, può fare per sgretolare un deprecabile fenomeno strutturale intergenerazionale e transculturale.
Tutti noi dobbiamo affrontare e combattere la violenza sulle donne in azienda partendo da azioni concrete:
Innanzitutto deve essere chiaro a tutti che vi è la concreta necessità di vietare e punire forme indirette e subdole di violenza quali: i complimenti a sfondo sessuale, l’utilizzo di soprannomi o nomignoli, azioni e gesti sessisti e di genere; in questo senso il regolamento aziendale può essere un buon punto di partenza.
Va poi posta l’attenzione sul fatto che spesso per una donna accedere al mondo del lavoro può essere anche una forma di riscatto sociale, quindi vi deve essere sempre una politica aziendale volta a dare le stesse opportunità di carriera, politiche retributive basate sulla reale meritocrazia, livelli di formazione ed informazione adeguati e per tutti.
Altra arma a disposizione è il documento di valutazione dei rischi, il DVR, che deve al suo interno contenere anche analisi e soluzioni sulle problematiche lavorative legate al genere.
L’inclusione deve essere la parola d’ordine, per non lasciare nessuno indietro, impreparato solo o indifeso, promuovendo sempre un mondo del lavoro libero da violenza e molestie; la maternità non deve essere considerata un peso, ma un bel momento per bilanciare correttamente vita e lavoro (life-work balance).
Si deve sempre tenere le antenne alzate e l’attenzione massima, intervenendo alla radice fin da subito, eliminando brutte abitudini e gesti apparentemente insignificanti ma che possono sfociare nel tempo a situazioni di disagio, malesseri ed infine a vere e proprie discriminazioni se non violenze verbali o purtroppo anche fisiche.
Repressione delle bad practices quindi, ma anche strategie di prevenzione e monitoraggio, e soprattutto attività di educazione, orientamento, formazione ed iniziative volte a sensibilizzare e a far comprendere.
L’argomento è stato qui trattato volutamente in modo sintetico e semplificato ad uso esclusivo dei clienti dello studio, di conseguenza, non costituisce un parere giuridico né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza specifica.